Articoli

06 nov
Pasquale Amato _ Storia _ Visualizzazioni: 47415

Pasquale Amato - IL MARCHESE DOMENICO GRIMALDI DI SEMINARA RIFORMATORE ILLUMINISTA DEL '700

Pasquale Amato - IL MARCHESE DOMENICO GRIMALDI DI SEMINARA RIFORMATORE ILLUMINISTA DEL '700
   Il Marchese Domenico Grimaldi è da considerare la personalità di maggiore rilievo della sua famiglia nella Città Metropolitana di Reggio Calabria, senza dubbio quella che ha dato più lustro sia nel campo degli studi che nella sua straordinaria azione riformatrice nel territorio. Nacque a Seminara nel 1735, primogenito del marchese Pio di Messimeri e di Porzia dei Grimaldi di Polistena. Il padre aveva cominciato a introdurre criteri nuovi nella conduzione delle sue terre. Domenico  ne ereditò lo spirito imprenditoriale e si impegnò per tutta la vita in una fervida attività riformatrice.
   Completò gli studi nell’Università Federico II di Napoli laureandosi in Giurisprudenza. Partecipò attivamente al fervore intellettuale dell’Illuminismo di cui la città fu uno dei centri più vivaci e creativi in Europa, grazie anche all’azione propulsiva esercitata da Re Carlo, il primo e più brillante sovrano della dinastia dei Borbone di Napoli. Seguì con passione le lezioni di economia di Antonio Genovesi, titolare della prima cattedra universitaria di Economia nel mondo, e si avvicinò, assieme al fratello Francescantonio (filosofo e Docente di alto profilo), alle idee del riformismo illuminista. Sviluppò legami di amicizia e intraprese rapporti di collaborazione con Andrea Leone, Domenico Diodati, Mario Pagano, Gaetano Filangieri, Melchiorre Delfico, Antonio Jerocades.
   Nel 1765 si trasferì a Genova col duplice intento di rinnovare i rapporti con la famiglia originaria e di arricchire la sua vocazione per l’agronomia, soprattutto nei settori della coltivazione e lavorazione degli ulivi e la sua curiosità per quell’industria della seta con cui l’Inghilterra aveva felicemente avviato la Rivoluzione Industriale. Per ulteriori aggiornamenti viaggiò in Provenza, dove erano in corso nuovi esperimenti per la produzione dell’olio, e in Piemonte, Svizzera e Francia per conoscere i nuovi metodi e i nuovi macchinari per la produzione serica che si stavano diffondendo nel continente. Non disdegnò mai di affiancare agli studi le sperimentazioni personali di nuove colture. Ottenne importanti riconoscimenti per i suoi studi e venne accolto come socio da prestigiose istituzioni, tra cui l’Accademia dei Georgofili, la Società Economica di Berna e la Société Royale d'Agriculture di Parigi.  Dagli studi ed esperimenti su coltivazione dei prati, rotazione agraria, produzione di foraggio e incremento del patrimonio zootecnico scaturì la pubblicazione a Napoli nel 1770 del Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra.  
   In quel saggio evidenziò l'arretratezza tecnica, l‘oscurantismo dei proprietari, la loro riluttanza verso il rinnovamento e il rifiuto di qualsiasi ipotesi di investimento.  A questi ritardi culturali aveva concorso la carenza di vie di comunicazione e di porti. Pertanto, sulla scia delle tesi di Genovesi, egli sostenne che fosse vitale la creazione di “società economiche" sul territorio, considerando l'agricoltura come “la vera sorgente dell'opulenza e della possanza”. Suggerì infine alcune azioni che avrebbero potuto segnare una svolta prendendo ad esempio i casi più avanzati dei cambiamenti in corso: i metodi innovativi di lavorazione del vino attuati in Borgogna, l'introduzione dei prati artificiali, lo sviluppo dell'orticoltura (già avviato nella proprietà di Seminara da suo padre con la coltivazione della patata e della carota), l'uso di aratri moderni, la diffusione dell'istruzione tecnica con "scuole economiche provinciali".
   Partendo da queste solide premesse di studi ed esperienze a largo raggio Domenico Grimaldi rientrò a Seminara per concentrarsi sui due pilastri della sua attività connessi al binomio inscindibile pensiero-azione: il rinnovamento  dei metodi di coltivazione degli uliveti e di lavorazione delle olive; e i miglioramenti della gelsicoltura associati all’adeguamento dell’industria serica alle nuove tecniche di produzione.
   Si impegnò fortemente per porre in pratica le sue idee innovatrici innanzitutto negli uliveti di famiglia, godendo del convinto appoggio ideale e finanziario del padre, prezioso per resistere alla crescente avversione degli altri proprietari, infastiditi dalla sua azione riformatrice. Gli uliveti vennero trasformati profondamente sia nei metodi di coltivazione e di raccolta che in tecniche e strumenti per la fabbricazione dell'olio. L’azione dei Grimaldi evidenziò le condizioni arcaiche degli altri uliveti, il pessimo olio che se ne ricavava, ridotto all’utilizzazione poco remunerativa di olio lampante per l’illuminazione pubblica.
   Proseguendo nell’incessante attività riformatrice nel 1768 vennero introdotti i trappeti alla maniera genovese facendo venire dalla città ligure "un perito fabbricatore d'olio" e nel 1771 operai specializzati nella costruzione dei frantoi alla genovese. Grimaldi pubblicò nel 1773 e nel 1777 gli esiti felici dei suoi cambiamenti - maggiore produzione, minore impiego di manodopera, migliore qualità del prodotto – nel saggio Istruzioni sopra la nuova manifattura dell'olio, introdotta nel Regno di Napoli dal marchese D. Grimaldi. Un contributo di notevole qualità, considerato come una pietra miliare nel suo settore scientifico.
   L’altro obiettivo della sua attività imprenditoriale - la rivoluzione nell’arte della seta – Grimaldi lo sviluppò a Reggio. Pubblicò nel 1780  le Osservazioni economiche sopra la manifattura e commercio delle sete nel Regno di Napoli. Denunciò l'imposizione del dazio sulla seta come massimo ostacolo all'aumento della produzione, sostenne l’adozione della lavorazione alla piemontese e applicò l’idea facendo arrivare lavoratori specializzati per istruire le maestranze locali. Proseguì su questa direzione pubblicando nello stesso anno un Piano per la riforma della pubblica economia delle province del Regno di Napoli e per l'agricoltura delle due Sicilie.
   Lo scenario poteva apparire facile ma si rivelò anch’esso scosceso e irto di ostacoli. Nell’area reggina, ed in particolare nella costa prospicente lo Stretto da Scilla a Melito Porto Salvo, erano attive oltre 150 Filande di seta. Producevano una notevole quantità di seta grezza che dal Porto Franco di Messina veniva spedita verso i nuovi stabilimenti inglesi e francesi. La seta rifinita grazie ai nuovi macchinari tornava poi sul mercato del Regno di Napoli tramite l’importazione di cui detenevano il monopolio esclusivo alcune grandi famiglie napoletane. Si trattava quindi di un’attività destinata ad arricchire le industrie inglesi e francesi e alcune grandi famiglie napoletane e destinata viceversa ad impoverire sempre di più le aziende locali. Grimaldi tentò di invertire la tendenza. Ma le sue idee, invece di essere accolte come un contributo per elevare la qualità produttiva e i profitti delle imprese del territorio, cozzarono contro gli interessi forti e consolidati di chi voleva mantenere la condizione di sudditanza.
   Alle difficoltà ambientali si aggiunse il terremoto del febbraio 1783, che danneggiò gravemente l'economia e impresse un duro colpo all’attività riformatrice. Il Governo di Napoli istituì la Cassa Sacra con lo scopo di confiscare una parte delle consistenti proprietà ecclesiastiche per finanziare la ricostruzione. Dopo una forte spinta iniziale essa cadde sempre più sotto il controllo delle grandi famiglie baronali che dominavano nelle città bruzie di Catanzaro e Cosenza e ne indirizzarono l’azione in chiave di consolidamento del loro predominio. Incontrarono quindi un muro le proposte di Grimaldi di indirizzare l'intervento pubblico verso finanziamenti per la ricostruzione delle filande di seta e dei frantoi con macchinari moderni (Memoria per lo ristabilimento dell'industria olearia e della agricoltura nelle Calabrie ed altre province del Regno, 1783).  
   Con l’appoggio della Corte il marchese riuscì a scalfire la sordità del muro locale, dando vita a Reggio nel 1784 alla Scuola Reale per insegnare “l’arte di tirar la seta alla piemontese”. La sua sede fu nel Convento dei Minori dell’Annunziata, la direzione venne affidata al maestro lionese Renaud e la frequentarono una trentina di operai. Venne seguita da una Scuola per le donne, anch'essa innovativa rispetto alle idee dominanti sul ruolo delle donne. Il Grimaldi la raccontò nel 1785 in una “Relazione d’una scuola da tirar la seta alla piemontese stabilita in Reggio per ordine di Sua Maestà”. 
   Questa fervida attività riformatrice in due settori così nevralgici del contesto economico e sociale da una parte alimentò l’avversione nei suoi confronti dei conservatori. Ma dall’altra consolidò i rapporti con gli ambienti massonici di Reggio e Napoli. Fu quindi naturale la convergenza con i fratelli Roccantonio e Innocenzo Caracciolo, protagonisti a Villa San Giovanni di un’iniziativa che valse la definizione di “Manchester delle Calabrie” al piccolo centro che ancora si chiamava Fossa di Fiumara: l’apertura nel 1789 di due Filande Reali che furono le prime fabbriche tessili a ciclo completo dell'area dello Stretto, con produzione di seta rifinita e non di seta grezza. I Caracciolo importarono macchinari ed esperti dall’Inghilterra, dalla Francia e dal Piemonte, avviando un percorso ricco di straordinarie prospettive perché si svolgeva in concomitanza con la Rivoluzione Industriale in corso. Avviarono inoltre il primo trattamento del vino col metodo francese sostenuto fortemente da Grimaldi, apportando nuova linfa ad una delle attività economiche più antiche e apprezzate del territorio reggino.
   Le iniziative di Grimaldi e dei Caracciolo urtarono troppi interessi consolidati. Si scontrarono con lo spietato ostruzionismo dei maggiori feudatari locali – primo fra tutti il Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria - i quali non potevano riscuotere i dazi su Fabbriche Reali e le considerarono altresì pericolosi precedenti. Allarmarono per gli stessi motivi i baroni latifondisti catanzaresi che controllavano la Cassa Sacra e ne indirizzavano i finanziamenti. Infastidirono le grandi famiglie mercantili napoletane che detenevano il monopolio dell’importazione nel Regno della seta rifinita proveniente da Inghilterra e Francia e non gradivano le iniziative che erano indirizzate ad azzerare il divario dei sistemi produttivi. Molto influenti a Corte, esse cominciarono a tramare per minare le simpatie con cui erano state accolte le iniziative reggine con la concessione dei prestiti e del marchio della famiglia reale.  Suscitarono infine le invidie e le gelosie rispettivamente degli altri proprietari di uliveti e dei titolari delle filande i quali, invece di imitare i loro percorsi innovativi e di misurarsi in un clima di positiva concorrenza, affiancarono i settori più retrivi facilitandone l’azione di isolamento e normalizzazione.   
   A dare una mano consistente e inaspettata a questo variegato schieramento ostile a Grimaldi e ai Caracciolo intervenne il brusco cambiamento del clima politico generale con lo scoppio della Rivoluzione Francese. Si diffuse in tutti gli ambienti conservatori d’Europa quella particolare psicosi che gli storici hanno definito “la paura dell’89”.  Gli innovatori e i riformatori vennero considerati ovunque con le lenti deformate da quella paura. Fu pertanto agevole per il Cardinale Ruffo e i suoi alleati e sostenitori approfittarne per mettere all’angolo coloro che nella Piana e sulla riva reggina dello Stretto avevano portato una ventata di tramontana smuovendo l’appiccicosa stagnazione provocata dal soffocante vento di scirocco.
   Alla chiusura improvvisa e immotivata della Scuola reggina di Grimaldi (“pericolosa” perché destinata ad addestrare maestranze per le produzioni innovative) seguirono una serie di eventi ostili: nel 1794 Roccantonio Caracciolo venne arrestato con l’accusa infondata di contrabbando; nel 1796 Grimaldi venne indiziato come massone e sottoposto a una perquisizione senza esito della sua abitazione reggina in base a una relazione di Luigi de’ Medici di Catanzaro; il 14 dicembre 1798 lo stesso Grimaldi e il fratello Francescantonio, i Caracciolo e il loro direttore piemontese Francesco Bal vennero coinvolti nell’arresto di oltre cento reggini della loggia massonica fondata da Giuseppe Battaglia, Carlo Plutino e Giuseppe Logoteta, accusati senza uno straccio di prova dell’assassinio nel 1797 dell’Intendente Borbonico di Reggio. Vennero prima rinchiusi in carcere a Messina per essere poi trasferiti nell’isola di Favignana in provincia di Trapani, esclusi Domenico Grimaldi e pochi altri che per gravi problemi di salute rimasero nel carcere messinese. Nel 1799 la rovina dei Caracciolo venne completata col sequestro dei loro beni con la scusa che non avevano versato alcune rate del prestito reale per le loro fabbriche mentre erano detenuti a Favignana.
   L’epilogo dei tentativi del Marchese e dei fratelli Caracciolo fu rappresentato dalla vicenda breve ma intensa della Rivoluzione napoletana del 1799, che confermò Reggio come uno dei centri più aperti alle nuove idee. Infatti i reggini svolsero un ruolo di primo piano con Giuseppe Logoteta (che fu una delle teste pensanti e redattore dei più importanti documenti del governo rivoluzionario) e col generale Agamennone Spanò. Entrambi pagarono le loro scelte con la decapitazione assieme a oltre cento esponenti, tra cui le menti più fervide dell’intellighenzia meridionale. Tra le teste cadute non è stato quasi mai ricordato un altro reggino che aveva scelto di aderire alla Rivoluzione e che aveva un nome di rilievo che è giusto rammentare: l’ufficiale Francescantonio Grimaldi, figlio del Marchese Domenico Grimaldi. Il quale, scarcerato nel 1800, visse gli ultimi anni in solitudine e carico di malanni e tristezza nella casa di Reggio, dove morì il 5 novembre 1805.    
   Con lui e i Caracciolo non vennero soltanto tarpate le ali a due importanti tentativi di rinnovamento dell’economia e della società. Ma venne dato un monito a chi avesse voluto tentare in futuro di avviare percorsi simili. 
   Dopo alcuni anni dalla morte di Domenico Grimaldi alcuni proprietari cominciarono ad apportare le innovazioni da lui proposte e sperimentate. Se oggi abbiamo aziende che producono olio extra vergine di eccelsa qualità lo si deve alla tardiva applicazione delle sue idee. Un'amara rivincita dopo averlo isolato e combattuto in vita, distruggendo la sua salute con una carcerazione ingiusta e condannandolo a una sofferta e triste solitudine sino alla morte. Un destino spesso comune a chi tenta di rinnovare. 
   Concludendo, la figura del Marchese Domenico Grimaldi di Seminara fa onore alla sua città, a Reggio e al Sud. E può essere annoverata tra le più prestigiose nella storia della casata che regge il Principato di Monaco. Peccato che nella visita reggina di tre giorni del Principe Alberto non sia stata prevista una tappa a Seminara e una rievocazione della personalità più illustre della famiglia Grimaldi nella storia della Città Metropolitana di Reggio Calabria.   

Tag: i grimaldi di monaco, i grimaldi nel regno di napoli la famiglia grimaldi di genova,