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22 mar
Pasquale Amato _ Storia Globale _ Visualizzazioni: 66164

Pasquale Amato - 6 E 9 AGOSTO 1945. QUANDO A HIROSHIMA E NAGASAKI L’UMANITÁ SCOPRÍ CHE AVREBBE POTUTO DISTRUGGERE SÈ STESSA E IL PIANETA TERRA

Pasquale Amato - 6 E 9 AGOSTO 1945. QUANDO A HIROSHIMA E NAGASAKI L’UMANITÁ SCOPRÍ CHE AVREBBE POTUTO DISTRUGGERE SÈ STESSA E IL PIANETA TERRA
Spesso si parla del rischio di Terza Guerra Mondiale. Per ricordare e informare su cosa rappresenti questa prospettiva, ho deciso di raccontare la tragica chiusura della seconda: due sole bombe atomiche rasero al suolo due città del Giappone, fecero 200.000 morti cui seguirono decine di migliaia per le ferite e le radiazioni, spinsero l’Imperatore Hirohito a rompere con i valori dominanti del suo popolo pur di salvare esso e l’intera umanità. Da allora non è scoppiata una Terza Guerra Mondiale non perché siamo diventati più buoni ma perché essa sarebbe l’ultima con la distruzione dell’intero pianeta. Giova ricordare che nel 1945 l’unico stato che aveva la bomba atomica erano gli stati uniti mentre oggi si sono moltiplicati. E giova anche rammentare che le bombe attuali sarebbero molto più distruttive di Hiroshima e Nagasaki. 
Da quando è scoppiata nel cuore dell’Europa la scintilla della guerra tra Russia e Ucraina -   due entità affini per etnia, cultura e lingua - ha ricominciato a serpeggiare lo spettro della Terza Guerra Mondiale. Nonostante tante guerre in corso nel pianeta da anni (e nella stessa Ucraina tra il governo e le province russofone del Donbas), l’unica voce che da anni aveva denunciato il pericolo di una Terza Guerra Mondiale era stato Papa Francesco. Ma i suoi continui appelli a chiudere i troppi focolai di guerra erano stati percepiti come una vox clamans nel deserto.
Sarà perché si è ridestata la memoria che i due più recenti conflitti mondiali sono esplosi nel cuore dell’Europa nel 1914 e nel 1939 e poi si sono allargati a macchia d’olio al resto del pianeta. Sarà perché si sono riviste scene di bombardamenti ad opera di uno dei giganti della Storia mondiale ed europea: lo stato russo, il più esteso territorialmente a cavallo di Europa e Asia e da sempre oscillante tra Occidente e Oriente, autocratico e centralista in parte per vocazione e in parte per necessità vista la sua estensione frutto di graduali conquiste di altri popoli mediante guerre.
Sarà ancora perché, nonostante la Guerra civile di disgregazione dell’ex-Jugoslavia e la Guerra della NATO nel 1999 contro la Serbia (con 78 giorni di Bombardamenti) per appoggiare la secessione del Kosovo, le sirene della propaganda di guerra erano state manipolate per attenuarne l’effetto psicologico. Si arrivò a parlare di “Guerra umanitaria” (un controsenso orrendo come “l’operazione speciale” di Putin, mentre la Guerra distrugge sempre tutto, persone, affetti, memorie, beni) e di “Bombe intelligenti” (altro agghiacciante travisamento, le Bombe sono sempre portatrici di distruzione e di morte).
Un dato è certo: questa Guerra sta avendo un’eco mediatica tale da occupare tutti i telegiornali e le prime pagine degli organi di stampa, oltre che occupare tutto il mondo dei social su internet. E ha offerto l’occasione a una serie di persone mediocri che sono state elevate a livelli di eroi omerici, a ministri ignoranti che giocano con i soldatini adottando linguaggi di guerra senza auto-controllo, a Presidenti che si lasciano andare a dichiarazioni inopportune che aizzano all’odio invece che al superamento diplomatico dello scontro. E più volte al giorno sentiamo dichiarazioni contraddittorie in cui molti minacciano e poi concludono che non vogliono fare scoppiare la Terza Guerra Mondiale.
Ma sinora soltanto pochi hanno ricordato come si è conclusa la Seconda Guerra Mondiale e perché non è mai scoppiata la Terza, neanche in momenti in cui si è andati molto vicini. Come nella crisi dei missili a Cuba in terribili 13 giorni dell’ottobre 1962. Alcuni ricognitori statunitensi scoprirono che i russi stavano installando nell’isola delle rampe di lancio di missili nucleari. La reazione del Presidente Kennedy fu immediata. Gli USA non potevano accettare rampe di missili sovietici in grado colpire in pochi minuti la loro capitale e quindi decisero un blocco navale davanti all’isola per impedire l’arrivo delle navi che trasportavano i pezzi ancora mancanti perché le rampe di venissero attive. Il mondo restò col fiato sospeso in quei 13 giorni di tensione in cui, anche per un errore o una svista, sarebbe potuta esplodere una guerra che avrebbe coinvolto l’intero pianeta trascinando le opposte alleanze della Guerra Fredda. Kennedy e Kruscev mantennero i nervi saldi senza mai farsi prendere la mano dai capi militari impazienti di attivare gli opposti piani di guerra. E alla fine trovarono l’accordo facendo entrambi un passo indietro. L’accordo decisivo fu raggiunto in un incontro segreto notturno presso l’Ambasciata russa a Washinton tra Robert Kennedy e l’Ambasciatore di Mosca. La Russia si impegnò a far tornare indietro le navi bloccate davanti a Cuba e a smantellare le rampe in costruzione. Gli Stati Uniti si impegnarono a non tentare invasioni di Cuba e a smantellare i missili che avevano collocato in Turchia al confine col Caucaso. Fu un atto di responsabilità reciproco rispetto al pericolo della Guerra nucleare.
Allora la memoria di come si era conclusa la Seconda Guerra Mondiale era ancora viva, sebbene gli Stati Uniti avessero fatto di tutto per porre la sordina ai terribili primi lanci di Bombe atomiche sulle due Città giapponesi. A consigliare la sordina furono proprio gli effetti devastanti. Oggi, essendo ormai molto lontani dal 1945, è forse doveroso ricordare per rinfrescarci la memoria e informare le giovani generazioni.
Il Giappone, nonostante una serie di sconfitte cocenti e di ridimensionamenti delle sue forze militari, non mostrava segni di cedimento e non si intravedevano soluzioni in tempi brevi. Nel frattempo il gruppo di scienziati che avevano lavorato alla creazione di una bomba nucleare aveva concluso i suoi lavori. Si cominciò così a valutare l’ipotesi di utilizzare la nuova arma. Il Comitato Scientifico che aveva supervisionato il progetto si espresse contro il suo utilizzo, valutato come “immorale e inumano”. Il Pentagono invece lo sollecitò poiché consentiva di salvare vite dei soldati statunitensi e di infliggere un colpo micidiale al Giappone. Era una motivazione cinicamente disumana perché prevedeva il lancio della nuova Bomba contro civili inermi giapponesi, nei cui confronti prevaleva un consolidato pregiudizio razzista amplificato dalla propaganda di guerra che arrivò a definirli "scimmie gialle".
Il Presidente Truman sposò le spietate ragioni di guerra dei capi militari:  a suo giudizio l'ordigno nucleare avrebbe evitato i sacrifici derivanti da uno sbarco in Giappone (lo avevano colpito le perdite a Okinawa), rafforzato il ruolo internazionale degli Stati Uniti e inviato un messaggio indiretto all'Unione Sovietica. Autorizzò quindi l'uso dell'arma.
Il 6 agosto alle 08:15 la città portuale di Hiroshima fu spazzata via dal primo ordigno atomico mai lanciato. Una seconda bomba fu sganciata alle 11:02 del 9 agosto su Nagasaki. I morti immediati furono oltre 200.000. Ma ad essi si aggiunsero decine e decine di migliaia di sopravvissuti che perirono dopo anni di terribili sofferenze per le ferite o per le radiazioni che si propagarono attorno alle due città. Il numero complessivo delle vittime arrivò a 328.000.
Fu una smisurata carneficina che sconvolse il mondo. E il compito più arduo toccò all’Imperatore del Giappone Hirohito. Era molto più di un Capo di Stato. La sua famiglia – Yamato - era ed è tuttora la più antica dinastia al potere nel mondo (dal VI Secolo dC), senza aver mai subito interruzioni. Il suo potere era di diritto divino e impersonificava il Paese ma anche la sua ideologia militarista radicale che non aveva mai accettato la sola ipotesi di arrendersi a nulla e a nessuno. Tant’è vero che a livello militare l’unica via d’uscita per chi  perdeva, per salvare l’onore, era “fare Karakiri”, il suicidio sulla punta di una spada.  Ci furono giorni di duri scontri nel Consiglio Supremo per la Direzione della Guerra. L’Imperatore ascoltò tutte le valutazioni e la sera del 14 agosto assunse la sua sofferta decisione: “Ho pensato seriamente alla situazione in patria, prevalentemente, e all'estero e ho concluso che la continuazione della guerra può solo significare la distruzione per la nazione e il prolungamento di massacri e crudeltà nel mondo. Non posso continuare a vedere il mio innocente popolo soffrire ancora a lungo. [...] È tempo di cominciare a sopportare l'insopportabile. [...] Ho trattenuto le lacrime e dato il mio consenso alla proposta di accettare la proclamazione degli Alleati”.
Il mattino del 15 agosto i giapponesi sentirono per la prima volta alla radio nazionale la voce del loro Imperatore. Annunciò che “dopo aver considerato a lungo” la situazione mondiale e nel paese, aveva deciso di “ricorrere a una misura straordinaria”. Aggiunse che continuare la guerra avrebbe portato non solo alla fine del Giappone, ma “alla distruzione totale della civiltà umana”. In pratica annunciò la resa, anche senza usare quella parola. Fu un gesto di grande responsabilità che ruppe con i valori prioritari plurimillenari della società del Sol Levante. Il popolo ne prese atto, anche se ci fu un’ondata enorme di suicidi.
Ancora oggi il 6 agosto è celebrato come "Giornata della Memoria" soltanto in Giappone. Memorabile fu la visita del Presidente della Repubblica Sandro Pertini nel 1982, la prima di un Capo di Stato europeo. Conquistò il cuore dei giapponesi con il suo linguaggio schietto e immediato: "noi sentiamo nostre Hiroshima e Nagasaki con il loro crudele martirio: perché non vogliamo che esso sia sofferto un giorno dall’intera comunità. Così ancora una volta sostengo a rischio di apparire un utopista, la necessità del disarmo totale e controllato". Una grande eco suscitò nel 2016 la storica visita del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama nella città giapponese, la prima e unica di un presidente americano, e il discorso magistrale che egli pronunciò in tale occasione. Ma sono state eccezioni. Il 6 agosto continua ad essere ignorato al di fuori del popolo che ne fu vittima.
 Da allora, da quella tragica chiusura della Seconda Guerra Mondiale, le armi nucleari sono proliferate. Gli Stati del Mondo che possiedono un arsenale di Bombe atomiche sono oltre 10, le Bombe sono oltre 15.000. Le informazioni sono comunque vaghe e coperte da segreto militare. E’ certo invece che le Bombe attuali hanno una potenzialità distruttiva nettamente superiore a quelle di Hiroshima e Nagasaki. Pertanto, nel caso di Guerra Mondiale, non ci troveremmo di fronte alla Terza ma all’ultima dell’umanità.
Per queste ragioni preoccupano i dilettanti allo sbaraglio e gli irresponsabili che usano il linguaggio della Guerra; i Presidenti e i Ministri degli Esteri che accostano i vocaboli della Guerra alle Sanzioni economiche e ogni giorno annunciano sanzioni più dure per “ridurre alla fame e alla disperazione” i nemici. Non hanno studiato la storia. Sennò saprebbero che le sanzioni hanno rafforzato sempre le supposte vittime, hanno provocato contro-sanzioni, hanno esacerbato gli animi e sono state spesso aggirate (i tanto citati oligarchi russi cui l’Italia ha sequestrato per prima i beni hanno già trasferito conti e beni nei paesi arabi del Golfo e in Turchia, che pur essendo nella NATO non ha applicato le sanzioni).
Quelli che sono stati sempre destinati a soffrire sia le sanzioni che le contro-sanzioni sono i popoli, le persone comuni, i cittadini inermi, nel cui nome spesso parlano e sparlano i politici al potere. Usandoli e strumentalizzandoli per soddisfare la loro voglia spropositata di gloria e di potere.
Quanto ai governanti italiani, con i loro comportamenti mi hanno fatto ricordare una delle sarcastiche ma efficaci battute di un politico di lungo corso come Giulio Andreotti, uno che misurava gesti e parole perché consapevole che le parole in politica pesano (possono provocare e alimentare guerre o aprire sentieri di pace). Gli chiesero come intendeva le relazioni con i paesi alleati e con il più importante (gli USA). La sua risposta fu lapidaria: “Ho sempre avuto il massimo rispetto. Tuttavia non mi sono mai messo sull’attenti. Ma sempre nella posizione di riposo”.

 


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Tag: fine seconda guerra mondiale, hiroshima e nagasaki, rischio terza e ultima guerra mondiale