Finito lo studio, giocavo ai monopoli o altri "giochi intelligenti" (così si chiamavano allora, perché erano formativi e non diseducativi) con i figli delle famiglie della "Reggio bene" che abitavano nei piani superiori del Corso. Quando la sorveglianza dei domestici si allentava, insegnavo parole ed espressioni dialettali a compagne e compagni di giochi cui era espressamente vietato usare il dialetto. Io avevo il vantaggio di parlare in italiano ma nel contempo conoscevo bene il dialetto reggino, allora molto diffuso nei ceti medi artigiani e nei ceti popolari. Almeno una volta la settimana mi recavo a trovare mio nonno a Tremulini per provare il piacere di sentirlo raccontare aneddoti della sua vita in un perfetto italiano. Era nato a Reggio, ma aveva vissuto dai 5 ai 30 anni in Svizzera, nel Cantone di Zurigo, ed aveva studiato l'italiano come lingua straniera a scuola.
Poi scendevo giù per i giochi di strada (giochi semplici, come quelli con i tappi di bottiglie di gassosa imbottiti e con le figure di calciatori o ciclisti, oppure tra spadaccini con spade rudimentali ricavate da pezzi di legno di scarto della fabbrica di mobili e falegnameria Corigliano sulla Via Marina Alta) tra Corso e via Marina con i coetanei figli del sottoproletariato urbano che abitavano negli scantinati. Talvolta alzavo gli occhi e li incrociavo con quelli tristi dei figli delle famiglie dei piani superiori, che ci guardavano aggrappati ai balconi, perché era loro vietato di avere contatti con le ragazze e i ragazzi delle "classi" più basse.
Mi sono considerato sempre particolarmente avvantaggiato dall'appartenenza alla "classe di mezzo". Non ero rifiutato da nessuno e di conseguenza ho sviluppato la propensione a non rifiutare nessuno in base all'appartenenza sociale, religiosa, etnica, economica o di colore della pelle. Non ho subito l'influenza di alcun pregiudizio, restando sempre me stesso e abituandomi a valutare gli altri come singoli soggetti e non come appartenenti a un ceto o a qualsiasi altro gruppo.
Si comprende così meglio perché quell'area che ruota attorno al chiosco verde del Gelato Cesare, alla storica Piazza De Nava e al Museo Archeologico è stata ed è rimasta sempre il cuore della mia mia amatissima città, "mio primo luogo dell'anima". Lì mi sento, come in nessun altro luogo del mondo, veramente a casa.
*Pasquale Amato: IL MIO PRIMO LUOGO DELL'ANIMA. IL PANORAMA MOZZAFIATO DELLO STRETTO DI SCILLA E CARIDDI DALLA TERRAZZA DELLO SPLENDIDO MUSEO ARCHEOLOGICO DI REGGIO.
Con la cornice dell'Etna, dei Peloritani e di Messina; e da vicino il Lungomare - tra i più belli del mondo - aperto dallo storico Chiosco Verde della Gelateria Cesare. Si intravede pure la "Veranda del Bergamotto di Reggio Calabria" che Cesare Pastry ha aperto per far gustare le sue specialità in mezzo agli alberi del "Principe Mondiale degli Agrumi". Purtroppo quel secondo locale di Cesare è stato poi chiuso.
Il video ha superato 9.000 visualizzazioni su Facebook. Mi fa piacere per la mia amata Reggio!
PS: Il video è montato su mie foto scattate dalla Terrazza dello splendido Museo dei Bronzi prima di alcune Conferenze che ho tenuto durante le serate estive del 2018.
https://www.facebook.com/storpasqualeamato/videos/2114506258868223/