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25 gen
Pasquale Amato _ Storia _ Visualizzazioni: 51140

Pasquale Amato: 27 GENNAIO. “GIORNATA DELLA MEMORIA". La Shoah tra storia e attualità

Il 27 gennaio ricorda il giorno in cui nel 1945 furono aperti i cancelli del più grande campo di sterminio nazista: Auschwitz. E' stato scelto come "Giorno della memoria" per non dimenticare le atrocità del più vasto genocidio ideologicamente motivato e scientificamente organizzato nella storia umana. Tuttavia il monito che proviene da quella tragedia rischia di diventare un rito sempre più vuoto di eventi lontani.  

Infatti, nonostante le cerimonie, i convegni, le testimonianze dei superstiti sempre più esigui, la Guerra imperversa di nuovo da quasi un anno nel cuore dell'Europa, con i suoi tragici e lugubri messaggi di morti umane, distruzioni di città e villaggi con gravi perdite civili.  Si sta ripetendo lo stesso scenario da quando nel 1936-1939 - durante la Guerra Civile spagnola - i potenti aerei Stukas nazisti si rivelarono un mezzo distruttivo sui civili con i bombardamenti a tappeto. Pablo Picasso immortalò in un suo famoso dipinto il primo di questi nuovi sistemi di distruzione nella città di Guernica. Bombardamenti che divennero quotidiani durante la Seconda Guerra Mondiale sino alle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Fu il primo conflitto della storia in cui le vittime civili surclassarono le vittime militari. E da allora il fenomeno è divenuto comune a tutte le guerre che si sono succedute nel pianeta e continuano a imperversare ovunque. Si sta ripetendo anche in Ucraina e nelle altre 34 guerre in corso in tutti i continenti. 

La “Giornata della Memoria” non deve servire solo per ricordare lo sterminio di sei milioni di Ebrei, ma anche quello dei malati, degli  zingari, dei perseguitati politici, dei “diversi”, dei bambini.

Oltre 80 anni fa per le strade dell'Europa si aggirò una tribù selvaggia e spietata che dava la caccia ai bambini degli orfanotrofi, ai vecchi, ai malati, agli handicappati, agli zingari per bruciarli vivi, annegarli nei fiumi, avvelenarli con i gas, seppellirli vivi in enormi fosse comuni.

Quella tribù selvaggia era un corpo statale, scelto e selezionato, della nazione che nel '700 e nell'800 era stata protagonista  della cultura europea e che ora dava a quella “tribù” la piena copertura morale e materiale per compiere quell’incredibile scempio.

Non si può fare a meno di pensare ai tanti, troppi bambini annientati. Non si può non pensare ad Auschwitz, a Buchenwald, a Mauthausen, abisso senza ritorno, dove l’umanità è sprofondata per sempre.

Dobbiamo sforzarci di capire come si sia giunti a quei misfatti. E dobbiamo distinguere ogni comportamento umano alla luce delle circostanze di tempo e di luogo che lo condizionarono. Quello che è accaduto può di nuovo accadere. Il razzismo è ancora una malattia diffusa. E dobbiamo mantenere chiara la memoria del passato e vigile la coscienza critica sul presente.

Infatti la tragica lezione della Shoah non è bastata. Nuovi razzismi si sono affacciati nei vari continenti. E tuttora divampano. Una nuova, ignobile formula si è affiancata alla “soluzione finale”: “pulizia etnica”. Tutte forme diverse dall’antisemitismo, ma ad esso apparentate,  pur lontane come sono, dalla sua perfezione scientifica di stampo teutonico. Sono razzismi etnici, religiosi o fondati su egoismi economici.

Oggi difficilmente potrebbe avvenire un’altra Shoah. Tuttavia la storia recente, la cronaca quotidiana, ci sta mostrando che il pericolo di altri genocidi non è affatto scongiurato.

E per questo che non bisogna mai abbassare la guardia. Ricordando sempre che "Là dove si danno alle fiamme i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini". H. Heine

Che almeno per le vittime della furia selvaggia dell’uomo non si compia la profezia che chiude una lirica ritrovata in un campo di sterminio:

“Morirò domani con parole d’amore sulle labbra nell’alba di una notte d’esilio. Solo di fronte al cielo indifferente nessuno avrà saputo  la mia fatica per diventare uomo”.

Occorre pensare come pensò la deportata IRENE:

"Mi hanno portato via i genitori, l'identità, il fratello e la sorella e i miei averi. C'è qualcosa che vogliono da me. E allora ho pensato alla mia anima. Ho detto: non riusciranno a portarmela via, la mia anima".

È per questo che non bisogna mai ridursi nelle condizioni di lavarsi le mani come denunciò Martin Niemoeller, Pastore evangelico deportato a Dachau:

"Prima vennero per gli ebrei
e io non dissi nulla perché non ero ebreo.
Poi vennero per i comunisti
e io non dissi nulla perché non ero comunista.
Poi vennero per i sindacalisti
e io non dissi nulla perché non ero sindacalista…
Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa".


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Tag: shoah